Il bosco come incantato…

Sono a casa.

Ho appena finito i compiti; sdraiata sul divano sto sfogliando un vecchio libro di favole, mi soffermo a guardare l’immagine di un bosco su una alta montagna innevata.

Mi ricorda quando tanto tempo fa ero andata in un bosco tutto innevato.

Là c’erano scoiattoli, tanti alberi di ogni tipo, qualche ciuffetto di erba da cui sole le sue verdi punte sbucavano fuori dall’alta neve, un buio abbastanza cupo da cui solo in qualche fessura tra il bosco entrava un po’ di luce, passeri, corvi e cornacchie, bianchi e candidi colombi, una vecchia casetta in legno abbandonata in mezzo alle scure foglie di un cipresso molto grosso.

C’erano tanti rumori come il cinguettio degli uccelli, il canto delle cicale che dagli alberi mi guardavano ma io non vedevo, lo squittire degli scoiattoli, il ronfare dei gatti selvatici mentre di accoccolavano sui tronchi degli alberi, il correre dei caprioli e dei cervi, il verso dei volpini mentre giocavano davanti alle loro tane, il guaire di grossi cani buoni, lo sbattere delle foglie con il vento, i fischi del vento di quando passava nelle cavità degli alberi tutti beccati dai pettirossi.

Insomma un bosco come incantato.

– Sveva, cosa stai facendo?- La voce della mamma mi riporta alla realtà.

Un sogno fantastico

In un lontano giorno di inverno mi sporsi dalla finestra, bevvi un sorso di the e vidi Trieste sotto un soffice manto di neve. La neve sembrava volesse dare maggiore bellezza alla città. Tutti erano più allegri e felici. I tetti erano imbiancati tanto quanto i marciapiedi, i giardini e perfino i semafori. La città era magnifica. Poi andai a dormire. Feci un sogno fantastico, meraviglioso.

Ora lo racconto.

Ero in una foresta innevata con alberi secolari. Vicino ad una quercia c’era una specie di scultura di marmo pregiato, come dei grandi vasi sovrapposti. Il più grande era sotto, poi un po’ sopra quello medio e in cima quello più piccolo. I “vasi” erano distanziati tra di loro e attaccati ad una parete rocciosa. Sopra il “vaso” più piccolo, scorreva una cascatina di acqua limpida che usciva dalla roccia. Scendeva fino al “vaso” più piccolo, che diventava pieno e continuava al medio, e così via. Intorno alla quercia c’era, poi, un fiume con un ponticello d’oro, con diamanti, smeraldi e zaffiri, da cui lo si poteva attraversare per arrivare poi a un laghetto. Io lo attraversai, arrivai fino al laghetto e guardai: era senz’altro bellissimo, però… però, ecco mi sembrava molto strano perché dentro anziché sassi aveva cristalli azzurri e verdi, e mi ricordò una cosa. Mi ricordava la neve a Trieste, che in questo caso erano i cristalli, e il lago era la città.

Continuai a girare per il bosco: era magico! Poi trovai un unicorno alato, gli salii in groppa e lui volò verso un mare con la sabbia della spiaggia bianca. Il tramonto visto dall’alto era una meraviglia. L’unicorno scese, si chinò, e mi fece scendere. Lo salutai e volò via. Io mi distesi sulla spiaggia e mi riaddormentai.

Mi risvegliai e tornai alla realtà.

Mia mamma mi chiamò chiedendomi di venire alla finestra e disse: “Guarda che bello, tutto innevato!”

Io sospirai guardando fuori, quanto mi ricordava i sogno! Poi mi sedetti sul divano e raccontai tutto alla mamma. Quanto mi era piaciuto il sogno…e anche alla mamma!